martedì 22 dicembre 2015
La scomparsa dei fari a scomparsa
La loro storia è durata quasi 70 anni, 68 per la precisione, se si considera il periodo che va dalla Cord 812 del 1936 alle Chevrolet Corvette C5 e Lotus Esprit, entrambe uscite di produzione nel 2004. Stiamo parlando dei fari a scomparsa e della loro totale...scomparsa, dalla produzione automobilistica contemporanea. E' stata l'introduzione delle normative riguardanti gli urti con i pedoni a decretare la loro fine, sebbene la gran parte dei costruttori che li utilizza li avesse già iniziati ad abbandonare da tempo. Il picco della loro popolarità, infatti, è durato per circa due decenni, dalla metà degli anni Settanta alla metà dei Novanta, e il fatto che un'auto li avesse era quasi sicuramente sinonimo di sportività. Il primo scopo tecnico dei fari a scomparsa, infatti, è quello di poter mantenere bassa e rastremata la linea del cofano.
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lunedì 21 dicembre 2015
General Motors, il blocchetto difettoso costa 600 milioni di dollari di risarcimenti
In attesa di scoprire come evolverà il “dieselgate” Volkswagen e di sapere quanto dovrà pagare il gruppo di Wolfsburg, un altro capitolo complicato della storia dell’industria automobilistica sta per chiudersi, quello della General Motors e dei famigerati blocchetti di accensione difettosi che ha avuto inizio ben 13 anni fa, nel 2002. Giovedì scorso il fondo per il risarcimento delle vittime e dei loro familiari ha chiuso le operazioni, pagando complessivamente 594,5 milioni di dollari suddivisi su 399 richieste di indennizzo approvate. Lo riporta il Detroit News, spiegando nel dettaglio che 124 riguardano persone decedute, 18 persone che hanno riportato gravi danni permanenti, mentre 257 sono i feriti. Il resoconto finale è stato ufficializzato dall’avvocato Kenneth Feinberg, co-responsabile del fondo insieme a Camille Biros, che ha spiegato come il 90% degli indennizzi sia stato accettato (le 37 persone che hanno rifiutato sono feriti lievi) e che su 4.343 ricevute ne sono state approvate poco meno del 10%.
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venerdì 18 dicembre 2015
Mercedes SLC, la cabrio-coupé SLK si aggiorna e cambia nome
Nel 1996, quando uscì la prima Mercedes SLK, il mondo era molto diverso da come è ora. Basterebbe dire che fu presentata al Salone di Torino, e che una spider con il tetto ripiegabile di metallo al posto della tradizionale capote non si vedeva dagli anni Trenta, quando Peugeot produsse la 402 Eclipse. La prima generazione di SLK – Sportlich Leicht Kurz, sportiva leggera a passo corto – durò fino al 2004, quando arrivò la seconda, sostituita a sua volta nel 2011 dalla terza versione. Quella che vedete nelle immagini qui sopra ne è l’ultimo aggiornamento, che ora si chiama SLC in ossequio alla nuova denominazione, che con SL indica le sportive e con la C il segmento di appartenenza, quello delle compatte. Nonostante abbia cambiato nome, sotto la carrozzeria la SLC conserva molto della precedente SLK. Il debutto sul mercato avverrà nel corso del 2016, presumibilmente dopo il Salone di Ginevra e in tempo per la stagione estiva, ma prezzi e dotazioni sono ancora tutti da scoprire. A parte lo stile, che si allinea a quello della SL più recente con ritocchi a paraurti, fari e calandra, ci sono diverse novità all’interno, iniziando dal sistema di infotainment Comand Online con display da 7 pollici dove vengono trasmesse anche le immagine dell’immancabile retrocamera.
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giovedì 17 dicembre 2015
Rinspeed Etos, guida autonoma e drone di serie
Tra i prototipi più famosi creati dalla Rinspeed ci sono auto anfibie o addirittura subacquee, come la Splash e la sQuba, ma stavolta la factory svizzera fondata da Frank Rinderknecht nel 1979 ha deciso di cimentarsi in quella che sarà una delle tendenze principali dell'industria automotive del prossimo futuro, cioè l'auto a guida autonoma. Al prossimo CES di Las Vegas, in programma dal 6 al 9 gennaio, verrà presentata la Etos Concept (scritta con la Sigma), che farà poi il suo debutto europeo al Salone di Ginevra in marzo. Tecnicamente si tratta di una BMW i8 e non c'è bisogno di un occhio super esperto per capirlo; rispetto alla berlinetta bavarese sono cambiate alcune plastiche del paraurti, del frontale e della coda, oltre ai cerchi in lega che ora misurano 20 pollici e sono in alluminio e ceramica. Quello che invece cambia radicalmente rispetto alla i8, si trova dentro.
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mercoledì 16 dicembre 2015
Emissioni CO2, normativa incagliata a Bruxelles. Intanto Opel annuncia che comunicherà consumi reali da metà 2016
Una delle conseguenze del “dieselgate” Volkswagen che non riguarda strettamente il Gruppo tedesco è quella di aver posto sotto i riflettori la differenza tra i consumi dichiarati e quelli reali che si ottengono nella guida di tutti i giorni. Il problema è noto da tempo agli addetti ai lavori, mentre gli automobilisti lo scoprono solo dopo aver comprato l’auto, rendendosi conto che ai trenta chilometri con un litro promessi ne corrispondono sì e no la metà. Il colpevole si chiama Nedc – New European Driving Cycle – cioè il sistema di omologazione attuale che è stato aggiornato l’ultima volta nel 1997 e che, per il tipo di sforzo a cui sottopone le auto sul banco a rulli, non ha praticamente nessuna attinenza con la realtà. La soluzione c’è, si chiama Wltp – Worldwide harmonized Light vehicles Test Procedures – e se ne sta discutendo dal 2007. Ora, però, grazie (o per colpa) di Volkswagen è venuto il momento di fare sul serio.
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martedì 15 dicembre 2015
La Porsche 911 si doveva chiamare 901
Come nasce il nome di un'icona dell'automobilismo? A volte è solo una sigla, altre una parola che ispira simpatia e che può essere capita e tradotta facilmente in varie parti del mondo, altre ancora, invece, è totalmente frutto della casualità. E' il caso della Porsche 911 e di come si è arrivati alla scelta di questo numero a tre cifre che è ormai un sinonimo stesso del concetto di auto sportiva. La 911, infatti, doveva chiamarsi 901 - che poi era semplicemente la sigla interna del suo progetto - e per un brevissimo periodo di tempo ci si è anche chiamata, ma la storia è durata solo per qualche settimana o, adottando un'altra unità di misura, per 82 macchine. E' stata questa, infatti, la produzione iniziale di 901 che era partita appena dopo il Salone di Ginevra e poi subito interrotta.
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lunedì 14 dicembre 2015
Audi RS 6 Performance, in pista sfidando le leggi della fisica
Alzi la mano chi al volante di un'auto da 605 CV, accreditata di uno 0-100 km/h in 3,7 secondi e di una velocità massima di 305 km/h, non vorrebbe avere a disposizione una striscia rettilinea di asfalto per scatenare tutta la potenza fino a piegare la linea dello spazio-tempo. “Put the pedal to the metal”, come dicono gli americani e lascia che i due turbocompressori del 4.0 V8 bi-turbo risucchino tutta l'aria che riescono. Gestire 750 Nm di coppia non è cosa da tutti i giorni, ma se ci sono una trazione quattro – quella originale, con i tre differenziali e il motore longitudinale – e un bel cambio ZF a 8 rapporti è tutto più facile. Stiamo parlando della nuova Audi RS 6 Performance, ormai l'avrete capito, e della sua sorella RS 7 Sportback. Le due auto condividono praticamente tutta la meccanica e si differenziano nello stile, ma la station wagon è certamente più spettacolare, sia per l'ossimoro generato dalla sua carrozzeria che per ragioni anagrafiche.
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