venerdì 17 aprile 2015
GM, già 84 risarcimenti milionari. A chi è morto per colpa di una molla da 56 cent
Siamo a quota 84: tanti sono gli accordi raggiunti da General Motors con le famiglie delle vittime del difetto del blocchetto dell’accesione. E 93 quelli con gli infortunati. Ma è solo all’inizio: allo scadere dei termini per presentare le richieste di danni, lo scorso 31 gennaio, la GM ne ha contate 4.343, di cui 478 relative a decessi. Ma almeno questi primi 177 casi sono chiusi, perché chi accetta il risarcimento rinuncia automaticamente a ogni altra forma di azione legale. Una magra consolazione per General Motors, che potrebbe spendere oltre 600 milioni di dollari per erogare tutti i risarcimenti – ha messo in conto un milione di dollari per ogni vittima – senza contare il costo del maxi richiamo, i 35 milioni di multa comminati dalla Nhtsa e le indagini partite in 49 Stati americani, oltre a quelle del Governo federale. All’origine del più grosso scandalo che abbia mai investito il colosso americano sta una molla difettosa da 56 centesimi di dollaro. Si trovava nel blocchetto di accensione di una decina di milioni di automobili, tutte prodotte dalla General Motors, parte delle quali devono ancora ricevere il pezzo modificato.
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giovedì 16 aprile 2015
Subaru Forester Lineartronic, finalmente il CVT diventa piacevole
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mercoledì 15 aprile 2015
Ford C-Max, tanto spazio senza rinunciare al piacere di guida
Il segmento C non è più quello di una volta, quando bastava avere una bella berlina due volumi, farla a tre e cinque porte e il gioco era fatto. Al massimo si poteva aggiungere una versione station wagon, destinandola alle famiglie e ai macinatori di chilometri di professione. Oggi tutto questo non è sufficiente e quello che succede in casa Ford è il migliore esempio. Ogni due C-Max vendute, infatti, anche due Focus lasciano gli autosaloni, ma una è berlina e l'altra è station wagon. Considerando i singoli modelli, vuol dire che la monovolume vende il doppio sia di una che dell'altra. Nel caso specifico, poi, la situazione è ancora più rosea, visto che la C-Max domina incontrastata la sua categoria, vendendo quasi il doppio della migliore concorrente. Il merito è in massima parte della variante a 5 posti, visto che quella a 7 con le porte posteriori scorrevoli rappresenta solo il 15 % delle vendite. Leggendo la scheda tecnica della prima se ne capisce il motivo.
A 4,38 metri di lunghezza corrispondono circa 14 quintali di massa a vuoto (1.391-1519 kg è la forbice tra il 1.0 EcoBoost manuale e il 2.0 TDCi automatico), mentre l'altezza non supera gli 1,61 metri. Praticamente è una Focus un po' più alta, ma questo non costituisce un limite nel parcheggio, bensì un vantaggio nella volumetria interna. Come spazio a bordo, per persone e bagagli, tra le due non c'è paragone e anche la Focus station wagon rischia di uscire sconfitta dal confronto, perché nonostante quasi 17 centimetri di lunghezza in più, la capacità del vano bagagli è praticamente uguale. Insomma la C-Max è un'auto “intelligente” ma anche piacevole da guardare e da guidare, un “tris” di caratteristiche che difficilmente si trovano insieme su una vettura sola. Infatti il suo successo è cristallino, soprattutto in Italia, il mercato che ne ha immatricolate ben 185.000, a fronte degli 1,2 milioni di unità vendute in Europa dal Lancio.
martedì 14 aprile 2015
Gruppo Volkswagen, è battaglia per la leadership
Che Ferdinand Piech sia avvezzo a prendere decisioni forti e spesso di testa sua lo sapevamo già. Bernd Pischetsrieder (ex CEO di BMW e del Gruppo Volkswagen) lo ha scoperto qualche anno fa, mentre operazioni “mangiasoldi” come la Bugatti Veyron o la Volkswagen Phaeton portano la firma proprio del nipote di Ferdinand Porsche. La “bomba” è scoppiata venerdì, quando Piech ha dichiarato alla stampa tedesca di aver preso le distanze da Martin Winterkorn, attuale CEO del Gruppo Volkswagen, una presa di posizione netta e pubblica che sottintende una frattura già avvenuta. Il problema principale sarebbe negli scarsi risultati del marchio Volkswagen negli Stati Uniti, ma anche sull’eventuale auto low cost del futuro, i due la pensano molto diversamente. Posto che effettivamente Volkswagen ha un problema di riduzione dei costi e di margini inferiori a quelli di BMW e Mercedes, che invece seguitano a macinare record negli USA, è anche vero che finora Piech ha appoggiato tutte le scelte di Winterkorn, il quale, peraltro, negli ultimi otto anni ha portato il Gruppo Volkswagen sul tetto del mondo.
da Omniauto.it
lunedì 13 aprile 2015
Smart Forfour, la prova del Fatto.it – Il brio del 90 CV è di serie, il resto si paga
La vecchia Smart Forfour, quella derivata dalla Mitsubishi Colt e ritirata dal mercato dopo due anni causa flop, è solo un ricordo lontano, di quelli che si preferisce dimenticare. La nuova è tutt’altra cosa, sostanzialmente la versione cinque porte della Fortwo, o la sorella della Renault Twingo, se preferite. Il motore e la trazione sono posteriori, i posti quattro (niente quinto optional) e il rapporto lunghezza/passo estremo che più estremo non si può. Le ruote sono praticamente agli angoli della carrozzeria, liberando spazio utile a bordo, il 77% rispetto a tutto quello che occupa l’auto, secondo Mercedes. Si, se non doveste saperlo, il marchio Smart fa parte del gruppo Daimler e il progetto della terza generazione è stato fatto a quattro mani con il partner Renault, che ha portato in dote molte cose, tra cui il motore da 898 cc sovralimentato protagonista della nostra prova, l’unità più potente in gamma. Con 90 CV e 135 Nm ha brio a sufficienza, anche se occorre vincere un minimo di inerzia iniziale del turbo prima di avere la spinta che ci aspetta. A che regime accada di preciso non sappiamo dirvelo – a “orecchio” ipotizziamo 2.700-2.800 giri – perché il contagiri (154 euro) è uno dei tanti accessori non di serie che stonano un po’ su un’auto che, con questo motore, costa tra i 14.570 e i 16.870 euro.
venerdì 10 aprile 2015
Rolls-Royce: il SUV inizia i collaudi su strada (e in fuoristrada)
La notizia era stata confermata ufficialmente il 18 febbraio, con buona pace dei puristi appassionati del marchio inglese: Rolls-Royce metterà sul mercato un SUV e anche abbastanza velocemente. Per ora era noto solamente come "Progetto Cullinan", un nome molto particolare visto che è quello del più grande diamante grezzo mai estratto a memoria d'uomo. Un pezzo unico da 612 grammi (3.106,75 carati) dal cui taglio fu possibile, nel 1908, creare 105 diamanti, di cui molti fanno parte dei "Gioielli della Corona". Insomma, l'eccellenza assoluta, quella che dal punto di vista automobilistico è stata sempre appannaggio della Rolls-Royce. Ma, si sa, nel corso della storia anche i nobili dal sangue più blu hanno dovuto scendere a patti con la dura realtà, così ecco che anche la Spirit of Ecstasy dovrà alzarsi di un paio di spanne da terra. La classica statuetta che troneggia dal 1911 sulle vetture britanniche sta per accomodarsi anche sulla calandra di un SUV, di cui oggi sono state diffuse le prime immagini, anche se le sue forme sono un po' bizzarre.
da Omniauto.it
giovedì 9 aprile 2015
Ferrari Dino, torna la mitica V6?
Quando si parla di Ferrari basta un tweet a scatenare ogni tipo di speculazione. Nella fattispecie è stato il cinguettare di Jonny Lieberman, nota firma del magazine statunitense Motor Trend, a innescare la “valanga mediatica”. Lo scoop, o presunto tale, arriva dal Salone di New York, dove una fonte interna si sarebbe fatta scappare che il Cavalilno Rampante sta lavorando a un modello entry-level, una nuova Dino con un nuovo V6 sotto il cofano da lanciare nel 2018, o al più tardi nel 2019, per fare concorrenza a modelli storici come la 911 Turbo e ad altri nati da poco, tipo la Mercedes AMG-GT o la McLaren 570 S. La nuova “piccola” made in Maranello costerebbe circa 170.000 euro, cioè un po’ meno della California T e della 458 Italia, che ha ormai sfondato il tetto dei 200.000 euro.
I maligni potrebbero subito bollare la rinascita della Dino come il primo effetto della cura Marchionne, che vorrebbe dire un drastico cambio di politica di prodotto. Nell’era Montezemolo, infatti, era sempre stata chiara la volontà di non superare il tetto di 7/8.000 auto all’anno, per mantenere e conservare quell’esclusività tipica di ogni Ferrari.
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