mercoledì 18 gennaio 2012

La lunga barba di Marchionne

Marchionne si è fatto crescere la barba. Non se ne conoscono i motivi. Forse non ha tempo di farsela, forse è una metafora di quanto lo annoino certe questioni all'apparenza irrisolvibili, potrebbe anche essere semplicemente una scelta estetica. D'altronde, visto che nell'immaginario popolare una lunga barba è sinonimo di saggezza, farebbe meglio a non tagliarla, perchè di saggezza ne servirà molta per amministrare la Fiat nel futuro prossimo.
La partita è aperta su diversi fronti, dei quali il più noto all'opinione pubblica è quello delle fabbriche. Su questo argomento si è sentito dire tutto e il contrario di tutto. Io mi limiterò a dire che per continuare a produrre in Italia, dove il costo del lavoro è molto alto, è necessario che la qualità sia al top. Il mercato non tollera più auto con difetti costruttivi o di assemblaggio. Il successo di auto come la 500 e la Panda è anche frutto di una qualità ad alti livelli. E non è un mistero che per tanti anni negli stabilimenti Fiat si montassero le auto senza badarci troppo. Sbaglia chi considera la Fiat come facente parte di un sistema chiuso; il mondo è globalizzato, le imprese producono dove costa poco e gli operai lavorano bene. Infatti Marchionne prende sempre ad esempio gli stabilimenti polacchi di Tichy e Biesko Biala, anche se non dice che pure lì c'è una bella gatta da pelare:  il malcontento delle maestranze per gli aumenti di stipendio promessi e non mantenuti.
Il 2012 sarà l'anno della nuova Panda, un modello fondamentale per rilanciare le vendite e per valutare l'efficienza della rinnovata fabbrica di Pomigliano D'Arco. Sarà anche l'anno della crossover definita L0, una monovolume medio-piccola, che sostituirà contemporaneamente la Idea e la Multipla. Le sue forme richiameranno quelle della 500; una operazione concettualmente simile a quella di Mini con Countryman. La L0 dovrebbe anche arrivare negli USA nel 2013, proprio come estensione di gamma della 500 che da sola non riesce a sfondare nelle vendite. In verità oltreoceano le cose vanno meglio. Fiat è sempre prima in Brasile e Chrysler è in netta ripresa. I problemi sono in Europa, dove c'è una forte capacità sovraproduttiva e in Cina, un mercato in grande espansione dove Fiat non è praticamente presente. Marchionne, infatti, ha recentemente dichiarato che il Gruppo Fiat-Chrysler sta cercando un altro partner per condividere i costi di sviluppo dei nuovi modelli. Ma la ricerca non è semplice e la soluzione non è certo il Gruppo PSA (con il quale la fusione viene millantata ciclicamente ormai da anni) che è ancora più dipendente dal mercato europeo di Fiat. BRUUUM!!!

martedì 17 gennaio 2012

Arrivano le "quasi-M"

Come vedreste una BMW diesel e a trazione integrale, marchiata M? Rispondete a questa semplice domanda e saprete se siete appassionati duri e puri o fanatici delle mode automobilistiche. Ma non preoccupatevi troppo, perché BMW tiene in grande considerazione sia i primi che i secondi. La notizia è questa: esordirà una nuova gamma di automobili denominata "M Performance Automobilies" che si inserirà esattamente a metà strada tra le BMW normali e le M. In questo modo potranno essere valorizzati con i crismi Motorsport diversi modelli di prossima uscita, senza però definirli come sportivi al 100%. Praticamente è uno step successivo al pacchetto M-Sport, che è prevalentemente una caratterizzazione estetica. Queste nuove "quasi-M" avranno una denominazione specifica, ad esempio la prima sarà la M550d xDrive, seguita dalla X6 xDrive M50d e dalla M135i. Successivamente farà il debutto su serie 6 e serie 7 il diesel triturbo da 381CV.
La creazione della nuova gamma potrebbe portare benefici anche alle M vere, facendogli recuperare un po' dell'antica purezza che è andata perduta. A tal proposito fanno sorridere le parole del Dr. Friedrich Nitschke (Presidente di BMW M GmbH) che dichiara di aver tratto ispirazione dalla M535i E12 del 1976, cioè la nonna della prima M5. Ecco, questo voler per forza trovare una radice per dare lustro al progetto mi pare un po' stonato, soprattutto visto che si ha il coraggio di apporre il marchio M sui cofani di due panzer come la X5 e la X6, che nulla hanno a che vedere con il concetto e lo spirito di Motorsport. BRUUUM!!!

lunedì 16 gennaio 2012

La storia della crisi parte 4: prosegue la discesa

Nel 2008 dunque il mercato nordamericano ha perso quasi un quinto del suo volume in un solo anno. E i dati di vendita del primo mese del 2009 (-37,3% rispetto a gennaio 2008, pari a 653.215 vetture) continuano a non apparire confortanti: il livello delle vendite è tornato alla quota del 1981. La crisi sembra inarrestabile e, secondo gli analisti, non si sarebbero superati, a fine anno, i nove milioni e mezzo di veicoli venduti, consentendo così alla Cina (stimata a nove milioni e ottocentomila unità) di operare lo storico sorpasso sul mercato. L’andamento delle Big Three è stato disastroso: GM e Chrysler hanno perso oltre il 50%, Ford più del 40%. Inoltre, la loro incidenza sulla produzione totale annuale del mercato domestico è scesa per la prima volta sotto il 60%, confermando un inarrestabile calo, iniziato nel 1989, quando la percentuale scese per la prima volta sotto il 90%Il 2008, inoltre, ha anche visto GM perdere la leadership mondiale delle vendite a favore di Toyota (con circa seicentomila veicoli in più immatricolati a favore del colosso giapponese). Mentre Ford ha chiuso il 2008 con il peggior bilancio della sua storia, registrando perdite per quasi quindici miliardi di dollariPer Chrysler la situazione è ancora peggiore: benché nominalmente appartenga ancora alle Big Three, la sua grandezza è un lontano ricordo; i livelli di vendita degli ultimi anni, culminati nel 2008 a meno di un milione e mezzo di unità, ne fanno ormai un costruttore di secondo piano. Secondo Global Insight, nonostante il prestito di quattro miliardi di dollari da poco ottenuto dal Governo, nelle condizioni in cui versa avrà difficoltà a sopravvivere oltre il primo trimestre dell’anno. Il problema principale di Chrysler è derivato dal fallimento del matrimonio con il gruppo Daimler; la casa americana è sprovvista di piattaforme su cui sviluppare nuovi modelli, soprattutto di dimensioni compatte, come il mercato richiedeQuesto è stato il motivo principale dell’avvio delle trattative con Fiat. Nel mese di gennaio si è iniziato a discutere l’accordo tra i due gruppi, del quale già si vociferava da qualche settimana. Fiat acquisirebbe il 35% della casa americana, pagandolo con la condivisione delle proprie piattaforme e dei propri motori di piccola e media cilindrata su cui sviluppare nuovi prodotti, ottenendo in cambio una via preferenziale d’accesso al mercato nordamericano e il know-how tecnologico di Chrysler relativo ai veicoli elettriciNel frattempo, le due case di Detroit hanno continuato a chiedere prestiti al Governo americano: GM per circa quindici miliardi di dollari e Chrysler per altri cinque. Queste richieste sono accompagnate da drastici piani di ristrutturazione: GM ha previsto di tagliare quarantasettemila posti di lavoro e brand importanti come Hummer, Saab e Saturn; di concentrarsi sui core brand, riducendo la gamma dei modelli del 25%; di ridurre drasticamente la rete commerciale e chiudere i battenti di quattordici fabbriche. Inoltre, ha già preso provvedimenti per il breve termine come il licenziamento di tremilaquattrocento impiegati e la riduzione generalizzata degli stipendi del 10%Ad Auburn Hills viene presentata l’alleanza con Fiat come il punto di partenza per un grande rilancio e programmato il taglio di altri tremila posti di lavoro, la chiusura di una linea produttiva e l’estinzione di tre modelliIntanto a febbraio le immatricolazioni hanno seguitato a calare di oltre il 40% rispetto all’anno precedenteDei tre grandi costruttori nazionali Ford è quello che sembra reagire meglio alla crisi. I suoi alti dirigenti non hanno avuto paura di prendere decisioni drastiche, come tagliarsi lo stipendio del 30%, e allo stesso tempo puntare sull’auto elettrica e ibrida, dimostrando di essere reattivi verso le richieste del mercato e potendo permettersi di non usufruire degli aiuti stataliInvece l’idea dell’alleanza con la Fiat non è piaciuta a molti parlamentari americani, nella misura in cui porterebbe, seppur indirettamente, i soldi dei contribuenti americani nelle casse di un costruttore straniero. La stessa alleanza darebbe però la possibilità a Chrysler di salvarsi dal fallimento e conservare circa cinquemila posti di lavoro nordamericaniNel mese di marzo la perdita del mercato è stata pari al 36,8% e GM ha annunciato la possibilità sempre più concreta di avviare la procedura di bancarotta. Negli ultimi giorni dello stesso mese sono arrivate le prime decisioni del Governo in merito alle richieste di intervento statale. Riguardo a Chrysler, il Presidente Obama stesso ha dichiarato di ritenere la situazione molto grave e, pur elogiando il management Fiat per l’operato degli ultimi cinque anni, ha subordinato la concessione dei sei miliardi di aiuti alla presentazione, entro trenta giorni, di un nuovo piano che soddisfi alcuni punti fondamentali richiesti dalla Casa Bianca (ad esempio il mantenimento degli stabilimenti in USA); inoltre ha imposto che la Fiat non possa acquisire la maggioranza di Chrysler, finché questa non abbia restituito il prestito. Nello stesso giorno a Auburn Hills si annuncia di aver raggiunto una bozza di accordo con Torino, approvata dal Dipartimento del Tesoro degli Stati UnitiIl piano di GM, invece, non viene approvato e ciò costa la poltrona al Ceo Rick Wagoner,sostituito da Fritz Henderson (a capo delle operazioni finanziarie) e da Kent Kresa (presidente per gli incarichi esecutivi). Alla nuova dirigenza viene dato un ultimatum di sessanta giorni per preparare un nuovo piano, degno dell’erogazione di oltre sedici miliardi di aiuti stataliIl mese di aprile ha registrato il diciottesimo calo delle vendite consecutivo, 815.393 unità in meno rispetto al 2008, ovvero un decremento del 34,3%Lo stesso mese di aprile sarà cruciale per la definizione dell’accordo tra Fiat e Chrysler. Le negoziazioni sono apparse tutt’altro che facili, visto che tra le parti in causa ci sono anche diverse banche creditrici (JP Morgan, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley), il sindacato americano (Uaw) e quello canadese (Caw). Proprio quest’ultimo non avrebbe voluto accettare la riduzione del 20% della paga oraria dei lavoratori, una condizione ritenuta imprescindibile da Marchionne per siglare l’accordo. Ma il 27 di aprile, grazie anche alla mediazione effettuata dall’amministrazione di Barack Obama, viene raggiunto l’accordo con entrambe le organizzazioni sindacali. La Uaw, in cambio dell’accettazione delle condizioni chieste dal Lingotto, ha ottenuto una quota di partecipazione nella Chrysler vicina al 50%. Le banche creditrici, dal canto loro, hanno accettato di svalutare i propri crediti, passando da sette a due miliardi di dollari, in cambio di una quota azionaria nell’ordine del 10%. La fusione viene ufficializzata il 30 di aprile, anche se la società dovrà transitare per la Corte per la bancarotta di Manhattan per un periodo di amministrazione controllata compreso tra i trenta e i sessanta giorni, visto che non tutti i creditori hanno accettato le condizioni proposte. Grazie a questo accordo si sono riuscite a salvare decine di migliaia di posti di lavoro, mentre il governo ha deciso di erogare subito tre miliardi e mezzo di dollari, degli otto totali di aiuti, promessi in caso di accordo con Fiat. La NewCo (nuova società) che nascerà dalla procedura fallimentare, vedrà Fiat padrona del 20% del capitale, i fondi pensione dei lavoratori del 55% e i governi americano e canadese del 10%. Inoltre il Lingotto riceverà un ulteriore 15% in tre tranche diverse, al raggiungimento di determinati obiettivi, con la possibilità di salire fino al 51%, attraverso una opzione esercitabile dal 1 gennaio 2013 fino al 30 giugno 2016. Questa importante joint-venture ha dato l’opportunità a Chrysler di recuperare il tempo perduto nello sviluppo di nuovi modelli, utilizzando le piattaforme e le tecnologie Fiat, potendo così tornare competitiva sul mercato; mentre ha aperto le porte del mercato nordamericano a Fiat, che potrà usufruire della rete commerciale Chrysler e sfruttare la capacità produttiva degli stabilimenti americani, che sono fortemente sottoutilizzati. Anche molti dei concessionari del marchio stanno lavorando di gran lunga sotto il loro potenziale, perciò solo tre su quattro potranno conservare il mandatoNel mese di aprile la nuova dirigenza di GM ha presentato il suo primo piano di ristrutturazione atto a ottenere il benestare del Governo americano e ad evitare l’amministrazione controllata. Lo storico marchio Pontiac sarebbe stato cancellato, ci sarebbero stati drastici tagli della forza lavoro e del numero dei concessionari, oltre alla chiusura di altri stabilimenti rispetto a quelli inizialmente preventivati. Secondo questo piano di riassetto, i vecchi azionisti avrebbero mantenuto solo l’uno per cento della quota societaria, mentre al Dipartimento del Tesoro sarebbe andato il 50% della nuova società, al sindacato Uaw il 39% e ai creditori il 10%. Ma la paura del fallimento è tale che sei top manager di GM vendono contemporaneamente tutte le azioni in loro possesso, facendo crollare le quotazioni del titolo a poco più di un dollaro per azione, cioè il minimo da 76 anni. Intanto i tagli da parte di GM sono proseguiti e ne hanno fatto le spese duemilaseicento concessionari in USA (il 40% del totale) e trecento autosaloni in Canada (il 42% del totale). Le trattative con i sindacati, invece, si sono concluse positivamente e GM potrà incassare altri quattro miliardi di dollari dal Tesoro, arrivando a un totale di quasi venti miliardi dall’inizio del 2009Purtroppo la brutta notizia arriverà dagli obbligazionisti, che non hanno accettato di riconvertire il credito nei confronti di GM; questa decisione rende vani gli accordi coi sindacati e avvicina sempre di più la soluzione della bancarotta pilotata. Così il 1 giugno 2009 viene ufficialmente aperta la procedura di fallimento controllato: il Governo è diventato il più grosso azionista della società con il 60% ed è costretto a ridimensionare drasticamente l’azienda in ogni sua parteIl mercato persiste coi segni negativi, anche se in misura minore; a maggio la perdita è contenuta al 33,7% rispetto all’anno precedente. Nello stesso mese, è arrivato anche un segnale importante dalla Casa Bianca, che ha deciso di anticipare di quattro anni (cioè entro il 2016) l’entrata in vigore dei nuovi limiti di consumoFord, nel frattempo, ha mantenuto la strategia “One Ford” e ha messo in vendita anche il brand Volvo. Stessa scelta per GM, che finalmente ha trovato un compratore per Hummer: poco importa se la nuova proprietà di uno dei marchi simbolo dell’America sarebbe stata cinese, visto che avrebbe permesso di conservare tremila posti di lavoro. Pure il brand Saturn è passato di mano, alla Penske Automotive, che salvando il marchio dall’estinzione, ha salvato circa tredicimila posti di lavoro. Infine, anche il brand Saab sta per essere ceduto; il compratore è la Koenigsegg, una piccola impresa operante in Svezia specializzata nella costruzione di supercar in piccola serie; in questo modo l’azienda di Throlläthan sarebbe ritornata svedese a tutti gli effettiIl mese di giugno è risultato decisivo per la costituzione della nuova alleanza Fiat-Chrysler. L’ultimo ostacolo da superare è stato un ricorso presentato alla Corte d’Appello di New York da alcuni fondi pensione che si sono sentiti danneggiati, poiché secondo loro l’accordo deciso dal tribunale di New York avrebbe premiato i creditori ordinari (cioè i lavoratori dell’azienda) a scapito dei creditori privilegiati, ovvero i fondi pensione stessi. Il parere favorevole della Corte è arrivato il 10 giugno: il ricorso viene respinto e nello stesso giorno viene comunicata la chiusura dell’alleanza strategica. Presidente della nuova società sarà Robert Kidder, mentre Marchionne assumerà il ruolo di Amministratore Delegato; il Consiglio di Amministrazione sarebbe stato invece composto da tre membri nominati da Fiat (compreso lo stesso Marchionne), quattro nominati dal Dipartimento del Tesoro, uno dal Governo canadese e uno dal sindacato UawMentre Chrysler e GM stanno attraversando momenti cruciali per il loro futuro, Ford ha confermato di essere l’azienda più in salute, aumentando del 16% le stime di produzione per la seconda parte dell’anno, a seguito dei buoni risultati ottenuti. Infatti nel mese di giugno, a fronte di un calo del mercato del 27,7% (rispetto allo stesso mese del 2008), ha limitato le perdite al 14,8%. Complessivamente i dati del primo semestre 2009 hanno evidenziato una perdita del 34,7% rispetto ai primi sei mesi del 2008

venerdì 13 gennaio 2012

Porsche Boxster 981, la terza generazione



Forse non tutti lo ricordano, ma prima di lei Porsche era sinonimo di 911, nessuna variazione sul tema era possibile. Alcuni tentativi erano stati fatti, ma tutti clamorosamente falliti. Non per la qualità o i contenuti tecnici delle auto proposte, ma semplicemente perché non venivano identificate come Porsche. Del resto la Casa di Zuffenhausen fino ad allora si era retta solo su un unico modello: la 356 fino al 1963 e poi l'inossidabile 911. Tuttavia, all'inizio degli anni 90 il management si rese conto che era necessario ampliare la gamma, creando un'altra auto che non si sovrapponesse con la 911, la quale non aveva certo un prezzo popolare. Così nel 1996 nacque la prima Boxster (nome nato dall'unione di boxer e roadster), una spyder due posti secchi a motore centrale. Condivideva molti componenti con la 996 (ovvero la prima 911 raffreddata a liquido), dalla quale derivava anche il motore, un 6 cilindri boxer da 2.5 litri e 245CV. Non pretendeva certo di competere con la sorella maggiore, però rispetto a quest'ultima offriva una esperienza di guida più pura e sensibile, principalmente perché i tecnici Porsche avevano potuto posizionare il motore dalla parte giusta dell'auto...
Ieri è stata svelata la terza generazione della Boxster, la 981. Nessuna rivoluzione rispetto al concetto originale, ma una evoluzione mirata e costante, come da migliore tradizione teutonica. L'auto aumenta leggermente le sue dimensioni ma nel contempo perde peso, grazie all'ampio uso di alluminio. Adotta anche lei il servosterzo elettrico, come la 991, mentre il design è ispirato al prototipo 918 Spyder. I motori disponibili saranno inizialmente due: il 2.7 da 265CV e 280Nm di coppia e il 3.4 da 315CV e 360Nm di coppia. Gli allestimenti saranno "base" e "S". Già diramati anche i prezzi (li trovate qui di seguito), mentre l'auto farà il suo debutto ufficiale al Salone di Ginevra. BRUUUM!!!

Porsche Boxster 2.7     49.884€
Porsche Boxster S 3.4  61.076€

giovedì 12 gennaio 2012

Audi A6 Allorad e Opel Insigna CrossFour, la famiglia va in campagna


Sono strane queste due auto. Potremmo forse definirle "anti-Suv". Bisogna proprio essere dei talebani del coefficiente di penetrazione aereodinamica (il Cx...), per comprare automobili come queste. Forse chi le acquista è spinto da un insopprimibile desiderio di distinzione, perché non si spiega altrimenti come un padre di famiglia in cerca di spazio,  di mobilità nel fuoristrada leggero e dal portafoglio gonfio (35.000€ la Opel) o straripante (55.000€ l'Audi), dovrebbe scegliere una cross wagon, anziché un ben più testosteronico e appariscente Suv, magari anche bianco, così gli altri, dallo specchietto, potrebbero scambiarlo per un'ambulanza e dare finalmente strada! Si, non c'è dubbio, auto del genere sono una scelta fortemente alternativa, dal sapore di understatement; di classe però!
E di classe ne hanno da vendere, non c'è dubbio. Del resto le vetture da cui derivano hanno qualità e blasone. La caratterizzazione estetica, poi, non è troppo vistosa; ci vuole un occhio attento per distinguerle dalle rispettive versioni "base". Se per Audi le Allroad sono una tradizione consolidata, per Opel questa CrossFour è una novità assoluta. Per la sua realizzazione è stato coinvolto il tuner ufficiale Imrscher, che ha puntato su due propulsori diesel, entrambi di 2.0 litri da 160CV (turbina singola, cambio manuale) e 195CV (doppia turbina, cambio automatico). I dettagli del sistema a trazione integrale non sono ancora noti, ma probabilmente verrà usato quello della versione OPC, mentre saranno di serie le sospensioni elettroniche FlexRide.
La nuova A6 Allroad è la consueta fiera della più alta tecnologia di Ingolstadt. Motori tutti V6 benzina e diesel, con prestazioni al vertice (TFSI 310CV e 440Nm, TDI 204, 240 e 313CV, per 450, 580 e 650Nm di coppia), trasmissioni a 7 marce (S-Tronic) o 8 marce (TipTronic), sospensioni pneumatiche di serie e torque vectoring (la distribuzione selettiva della potenza alle ruote di un singolo asse). Tutta questa tecnica sublime viene gestita dal nuovo sistema Audi Drive Select, che permette di cucirsi addosso l'auto settandone ogni singolo particolare. I consumi si riducono fino al 20% rispetto al modello precedente, anche grazie all'ampio uso dell'alluminio, che ha fatto scendere il peso dell'auto di 70kg. Che cosa manca? Niente, tutti dentro e andiamo a sciare!!! BRUUUM!!!

mercoledì 11 gennaio 2012

Honda NSX, capitolo secondo...

I remake sono sempre un bel rischio in tutti i campi e quello automobilistico non fa eccezione. A volte è difficile utilizzare nomi famosi, anche se sono entrati nella vita comune delle persone (citofonare a Volkswagen e chiedere del New Beetle...). Figurarsi quanto può essere rischioso riesumare un nome degli anni 90. Ma non per Honda, non se il nome in questione è composto da tre letterine magiche: NSX. Certo, per ora è solo un concept che si può ammirare staticamente al Salone di Detroit, ma i giapponesi giurano che nel 2015 la faranno. La nuova NSX potrebbe far compiere alla categoria delle supercar un salto in avanti di parecchi anni, così come la vecchia. Correva l'anno 1991, la Honda stupiva tutto il mondo presentando una sportiva dai contenuti tecnologici senza eguali e con una guida precisa e sensibile. L'auto vantava una serie di primati, come la costruzione quasi interamente in alluminio, il motore con bielle in titanio capace di raggiungere 8.000rpm, il primo servosterzo elettrico della storia, ma quello che faceva realmente la differenza era la messa a punto curata da un certo Ayrton Senna. Honda aveva sviluppato la NSX per battere tutti i competitor dell'epoca, come la Ferrari 348, e ci riuscì in pieno. 
La nuova NSX ha obiettivi diversi; Honda vuole legare la sua immagine con quella dell'eco-sostenibilità e ha dichiarato che nel prossimo futuro almeno la metà della sua gamma sarà formata da auto ibride. Allo stesso tempo, però, Honda significa anche auto ad alte prestazioni apprezzate in tutto il mondo (infatti da quando non ne fa più le vendite globali sono crollate). I dirigenti del colosso giapponese lo sanno bene e vogliono tornare in prima linea coniugando le due cose. La NSX Concept è figlia di questa rinnovata filosofia. Mantiene alcuni tratti caratteristici della progenitrice, come il motore V6 V-Tec (dato per 310CV) in posizione centrale e la leggerezza, alzando allo stesso tempo la posta in gioco con un inedito sistema di trazione ibrida, denominato Sport Hybrid SH-AWD (Super Handling All Wheel Drive). Tre motori elettrici integrano quello termico. Due, da 35CV cadauno,  si occupano delle ruote anteriori, creando così una trazione integrale senza albero di trasmissione, sfruttando anche la frenata rigenerativa e garantendo un effetto torque vectoring. Il terzo, da 40CV, è integrato nel cambio doppia frizione; accumula energia e la restituisce quando necessario. Il sistema sembra molto interessante, bisognerà vedere se sarà valido nell'applicazione pratica e soprattutto quanto influirà sul peso complessivo e sulla guidabilità dell'auto. Ma i giapponesi hanno altri tre anni per rendere reale questa nuova NSX e sono sicuro che non ci deluderanno. BRUUUM!!!

martedì 10 gennaio 2012

Dodge Dart, italiana d'America

L'edizione 2012 del Salone di Detroit apre i battenti e l'argomento che tiene banco è, manco a dirlo, il Gruppo Fiat-Chrysler. I motivi di interesse sono diversi e ruotano tutti intorno a una automobile, la nuova Dodge Dart, primo vero esempio di progetto condiviso e di integrazione tecnologica. La Dart nasce infatti da una costola della nostrana Alfa Romeo Giulietta, della quale sfrutta il pianale, il motore multiair da 1.4 litri e il cambio TCT. In realtà la piattaforma non è esattamente la stessa dell'Alfa, ma una sua evoluzione che farà da base a molte altre auto del Gruppo, anche molto diverse tra loro. E' nota come "C-Wide", mentre quella della Giulietta si chiama "C-Evo", poiché rispetto a quest'ultima consente una maggiore flessibilità nelle dimensioni dell'auto; non a caso dovrebbe essere usata per la nuova Alfa Romeo Giulia, una berlina di segmento D che sfiorerà i 4,80 metri. In Dodge devono essere molto fieri di questa discendenza, visto che è stata citata più volte durante la conferenza stampa di presentazione. La Dart, però, è importante anche per altri due motivi. Sarà la prima auto del Gruppo prodotta in Cina dal partner Guangzhou (rivista e rimarchiata Fiat) da dove potrebbe anche arrivare in Europa. Infine, la Dart ha permesso a Fiat di ottenere un altro 5% della quota azionaria Chrysler, possedendo così il 58,5% dell'intero pacchetto. La nuova Dodge rappresenta infatti il raggiungimento del terzo e ultimo "performance event" che faceva parte degli accordi di salvataggio stabiliti tra il Lingotto e il Governo americano, ovvero la produzione di un'auto su piattaforma Fiat che consumasse meno di 40 miglia per gallone.
La Dart sta riscuotendo l'apprezzamento della critica e nei prossimi giorni si confronterà col pubblico americano. Sono sicuro che Marchionne seguirà la faccenda molto da vicino, visto che è in gioco un bel pezzo di credibilità del Gruppo, ché se oltreoceano il mercato è in ripresa, in Italia è in caduta libera...BRUUUM!!!