C’era una volta la “sportiva all'italiana” un concetto di motocicletta che era un ottimo esempio dell'arte di fare di necessità virtù. Verso la fine degli Anni 70, infatti, i costruttori giapponesi iniziarono a rivoluzionare il mercato, con le loro pluricilindriche dai tanti cavalli. In Italia nessuno (o quasi) aveva la tecnologia per sviluppare motori a quattro cilindri, le cui potenze erano peraltro difficili da gestire con le sospensioni, i freni e gli pneumatici dell'epoca. Quindi le nostre storiche case motociclistiche preferirono concentrarsi su altro, rivestendo i vari bicilindrici con telai correttamente dimensionati, sospensioni più raffinate e freni che frenavano anziché rallentare. Nacque così il concetto di sportiva all'italiana, ovvero una moto non potentissima ma molto bella da guidare e in grado di dare filo da torcere alle nuove maxi made in Japan. Continua su La Stampa
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