lunedì 30 luglio 2012

Quale futuro per l'auto in Europa?


La crisi che attanaglia l'Europa è dura e inflessibile come non si vedeva da parecchio tempo. I disoccupati e le tasse aumentano, i consumi e gli stipendi diminuiscono. A farne le spese sono praticamente tutti i settori, ma uno in modo particolare, sia per il grande numero di occupati che coinvolge, che per il valore immaginifico che ha nella nostra cultura. Il mercato dell'auto è in crisi nera, tutta l'Europa è coinvolta. Anche se il dato globale non è così allarmante grazie alla Germania che tira ancora, le situazioni dei singoli Paesi sono davvero critiche. In Italia, per esempio, a fine 2012 si arriverà, forse, a 1.400.000 auto immatricolate. Vi sembrano tante? Solo cinque anni fa, a causa del doping degli incentivi statali, se ne vendevano 2.400.000. Ho scritto "a causa" e non "grazie" proprio per entrare nel cuore del problema: la cronica sovracapacità delle fabbriche sparse in tutta Europa e dei vari trucchi con i quali è stata tenuta nascosta per tanto, troppo tempo.
Negli ultimi 30 anni abbiamo convissuto, e anche sposato, l'idea che fosse giusto e necessario cambiare auto ogni pochi anni, spinti dal fascino dell'effimero (l'efficienza energetica di un'auto moderna è di poco migliore  di quella dei modelli anni 60) progresso tecnologico o costretti dalle norme antinquinamento che si inasprivano ogni due anni. Ma la verità è che un'auto può durare una vita, come si può vedere nei Paesi poco sviluppati o in posti come Cuba, dove l'embargo ha obbligato a conservare in vita le vetture degli anni 50. La situazione attuale ci dice che il mercato Europeo è saturo e che molte case automobilistiche rischiano il collasso. Non è un mistero che General Motors stia pensando di sopprimere il marchio Opel e che Ford valuti se abbandonare l'Europa. Per non parlare del futuro dei marchi francesi che sono appesi a un filo, anzi a un cordone ombelicale che li lega al mercato domestico, visto che fuori dalla Francia non brillano particolarmente e nel resto del mondo sono praticamente assenti.
Tolto il Gruppo Volkswagen, che prosegue nel cammino verso la vetta del mercato mondiale, resta il nostro Gruppo Fiat, che resiste grazie alla leadership in un mercato importante come quello brasiliano ma soprattutto grazie all'ossigeno che arriva dall'altra sponda dell'Atlantico. Gli Stati Uniti appaiono come l'unico salvagente per FGA, sempre che si riescano a esportare auto di indubbia qualità. E l'Europa che fine farà? Difficile dirlo, ma le abitudini d'acquisto sono destinate a cambiare per sempre. 

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